“Il dolore è lo spezzarsi del guscio che contiene la vostra conoscenza. Come l’involucro del frutto deve rompersi, affinché il suo cuore possa godere del sole, così voi dovete conoscere il dolore.”

Qualche settimana fa sono stati questi versi di Gibran ad accompagnarci all’inizio e alla fine pratica.

Quando nei testi classici si parla del dolore si utilizza un termine –duḥkha- che in realtà nella sua etimologia contiene tante sfaccettature interessanti.

Duḥkha è molto di più di un fatto psicologico o biologico, di una condizione di infelicità e di sofferenza, duḥkha è una condizione di rigidità in cui non si è più fluidi nel proprio procedere; è una sorta di blocco interno che se da un lato è parte naturale della nostra esistenza umana e terrena, dall’altro può essere superato solamente quando ci diamo il permesso di essere liberi da ciò che ci lega.

Questi versi ci ricordano che quando arriva il dolore nella nostra vita è sempre per risvegliarci a una comprensione nuova e più profonda: cambiando le priorità che abbiamo avuto fino a quel momento per esempio, imparando ad amarci di più o semplicemente ad affidarci e a sentire che la Vita, così grande e sapiente, sa benissimo ogni volta dove portarci.

Allora il nostro lavoro sarà lì, nel guardare schiudersi questa comprensione, nell’ osservarla volare leggera, intoccata e splendente.