Sono passati ormai più di vent’anni da quando ho intrapreso il mio percorso nel sentiero dello yoga.
La mia maestra, a quel tempo già anziana, aveva dedicato gli anni della sua maturità allo studio appassionato e alla divulgazione di questa filosofia di vita. Ho sempre considerato una benedizione aver avuto un inizio così: circondata da un insegnamento che cercava il più possibile di essere fedele ai testi antichi e alla tradizione.

Yoga Sūtra ci parla della purezza come uno dei primi aspetti per incamminarci nel sentiero della nostra pratica personale e di conseguenza del nostro rapportarci con il resto del mondo. Purezza nel corpo, nei pensieri, nell’ambiente in cui viviamo, ma purezza anche nell’insegnamento e nella nostra missione di insegnanti.
Così ogni tanto mi piace tornare ad una mia personale domanda che come una sorta di bussola mi aiuta a orientarmi in questo universo di proposte in cui tanto si muove e da cui spesso mi sento distaccata:
Quale yoga mi interessa davvero trasmettere?

Lo yoga non ci chiede di intrattenerci su un tappetino restando in superficie, ma ci esorta ad entrare ogni volta in profondità, dentro di noi, dentro la pratica e la vita per crescere.
È questo a rendere il nostro viaggio difficile.

La nostra pratica deve servirci non solo a stare bene fisicamente e mentalmente, ma deve diventare quel fuoco che ci accende, che ci fa scoprire diversi; deve essere quell’impulso a farci muovere sempre dentro la bellezza della vita in ogni circostanza, nonostante le avversità; deve essere la finestra da cui possiamo scorgere quella luce stabile che sempre attende la nostra resa.

Mi soffermo per pormi la mia domanda pensando a chi ha saputo fin dall’inizio mostrarmi il cammino e pensando ai miei allievi che con tanta fiducia mi mostrano insieme la loro fragilità e la loro forza.

Forse non comprenderò mai fino in fondo cosa sia davvero lo yoga, ma quello che sento adesso è che è il bene che ci accomuna.

#patanjali