“Non è per amore di un marito che un marito è amato,
 ma piuttosto per amore dell’atman.
Né è per amore di una moglie che una moglie è amata,
ma piuttosto per amore dell’atman.
Né è per amore dei figli che i figli sono amati,
ma piuttosto per amore dell’atman. (…)
Né è per amore delle creature che le creature sono amate, ma piuttosto per amore dell’atman.
Né è per l’amore di tutto che il tutto è amato, ma piuttosto per amore dell’atman” … (B.U. II, 4)
Oggi non posso non pensare a questi versi.
Come tutti ho avuto modo di conoscere i tanti sentieri dell’amore e di accorgermi, col passare del tempo, di quante sfaccettature diverse e inaspettate esso porti con sé.  Come tutti ho avuto modo di farne esperienza, di godere di quella bellezza, leggerezza, energia e profondità che solo l’amore può donare.
Puntualmente però queste stesse strade mi hanno portata anche davanti ai miei limiti, davanti alla mia idea dell’amore, davanti a ciò che dovevo e ancora devo  imparare.
Ho conosciuto delusione, attaccamento, sofferenza e incomprensione e ne sono rimasta tante volte intrappolata.
Questi versi vedici mi ricordano che esiste un amore più grande verso il quale tendere.
Mi ricordano che sono qui per amare non dalle mie ferite, non dalle mie aspettative.
Mi ricordano di amare negli altri instancabilmente la loro perfezione.
Sempre la loro bellezza.
Da un centro verso un altro centro.
Nell’uno e nell’altro caso cercare l’anima.