Nel suo essere carnale il cuore possiede cavità, aperture, si presenta diviso per consentire qualcosa che alla coscienza dell’uomo non appare consono a ciò che è centro.”

Per la nostra mente un centro è sempre qualcosa di pieno e di pesante. Difficilmente ricordiamo che il nostro cuore è invece un vaso, l’alveo del fiume del sangue, un luogo di libertà, di raccoglimento e mai di detenzione.
Siamo spesso così occupati a riempire il nostro cuore di idee, pensieri, ricordi e preoccupazioni che  trascuriamo  quel sano e giusto ricambio, quel giusto scambio capace di ammorbidire rigidità e barriere.

A volte addirittura non facciamo entrare più nulla per paura di soffrire ancora, togliendoci la possibilità di  lasciarci coinvolgere e stravolgere da quel costante battito che ci ricorda che amare rende liberi.

Peccato non onorare quel potente suo mandato: offrirsi affinché tutto sia costante pulsazione di vita.
Peccato non fare continuamente nostra questa  non-indipendenza da tutto il resto.

Osservavo i tanti soffioni ricoperti dalla prima brina del mattino e ripensavo al cuore.
Osservavo quella delicata apertura, quella fragile trasformazione, quella soffice attesa di essere dappertutto.

Il cuore, un soffione.

La mia solida promessa in una semplice passeggiata di inizio primavera.