La nostra energia psico-fisica è attiva per natura. Ci piaccia o meno, corpo, pensieri ed emozioni, sono sempre in movimento in noi. Per questo abbiamo bisogno di saperci fermare.
A lezione lo sperimentiamo fin dall’inizio, ponendo un tempo di ascolto che come una porta d’ingresso ci esorta ad entrare il più possibile liberi da ciò che abbiamo fatto o da quello che faremo durante la giornata; lo sperimentiamo tra una forma del corpo e un’altra quando lasciamo uno spazio per sentire ciò che c’è in quel momento; lo impariamo ancor di più quando a fine lezione sostiamo in un tempo di quiete.
Questa settimana ci siamo concessi un lungo rilassamento.
Lo abbiamo fatto per scoprire il dono dell’inverno. Lo abbiamo fatto perché azione e abbandono hanno bisogno di andare insieme, di entrare in una circolarità.
Savasana è forse la forma capace di metterci più in difficoltà.
E’ in quello smettere di essere al centro di un’azione, prima fisica e mentale poi, che possiamo lasciarci andare a nuovi spazi di imprevedibilità.
Se siamo sempre all’interno dei nostri schemi mentali, dei nostri ruoli o delle nostre abitudini, non scopriremo mai chi siamo davvero.
Ecco allora savasana a invitarci a vivere questa cedevolezza per diventare capaci di vivere ogni pausa, ogni silenzio, ogni sospensione che la vita inevitabilmente ci presenterà.
Nell’abbandono non selezioniamo più, ma diventiamo responsabili, cioè abili a rispondere a quello che la vita ci richiede in ogni modo istante.
Sono quelle pause, quei silenzi, quelle sospensioni ad essere i nostri più importanti maestri.
Sono quelle occasioni di responsabilità e cedevolezza a permetterci di ricominciare in modo nuovo, diverso, vero.
Quelle a far sì che arrivi primavera.