Mi ha sempre affascinata molto, sin da quando ero una giovane praticante, che una delle definizioni dello yoga offerta dai testi classici sia quella della “maestria delle azioni”.
A volte si crede che chi faccia yoga sia come sospeso in un mondo altro, diverso e lontano dalla quotidianità e dai doveri a cui siamo chiamati.
L’India saggiamente è invece capace di riportarci alla nostra più concreta responsabilità, affermando che ogni più piccolo gesto che compiamo, che sia parlare, ascoltare, pensare, desiderare, respirare, fare o non fare, è comunque un’azione e come tale è portatrice di effetti.
Prima ancora della scelta che compiamo è il movente dell’azione ad essere determinante. È il nostro atteggiamento interno a fare la differenza. È la nostra attitudine a fare in modo che la nostra azione sia un’ azione libera, una reazione o semplicemente un’agitazione.
Ne abbiamo parlato in questi giorni a lezione, cercando di accompagnare la nostra pratica fisica e di ascolto consapevole alla parte più intima di noi.
Da quale luogo di me prendono avvio le mie scelte? Dalla testa? Dal cuore?
Sono azioni che mi nutrono? Che danno un senso al mio essere qui, in questa vita? Che mi mettono al servizio?
Ci ho pensato mentre preparavo con cura la sala per le mie piccole allieve del venerdì.
Ho seminato parole per accompagnare asana e giochi, ricordando a me stessa di partire da qui, per rispondere ai diversi movimenti della vita, da queste leggi interne sempre presenti dentro ognuno di noi.