Giorni freddi, ricchi di impegni, emozioni e progetti.
A volte la mente fatica a stare nelle cose più semplici. Si perde nelle domande, nei dubbi, cerca di riportarmi dentro a schemi o a una giustizia tutta sua.

Oggi sono tornata alle parole di questa poesia che ha concluso le pratiche della scorsa settimana accompagnandoci all’incontro con il silenzio.

Mi piace portare la poesia a lezione. Mi piace ospitarla in quello spazio-tempo sacro che è una pratica di yoga. Mi piace farla entrare dentro nelle ossa, nei pori della pelle. Trovo che usi la stessa lingua diretta del corpo. Sento che è in grado di accendere un’intelligenza nuova, capace di riconciliare la mente al cuore. Mi piace perché nasce da un sentire e non se ne libera. E ci invita a fare altrettanto.

Sono tre passi quelli che possiamo compiere grazie a questi versi.
Tre semplici passi che ci aiutano a cogliere il respiro, i pensieri, il presente.Sono tre conversioni che ci sostengono in un fermarsi temporaneo senza provare disagio o paura.

Che possa essere questa una piccola pratica per tutti. Un allenamento alle occasioni in cui la vita ci frena, ci fa restare davanti a ferite aperte, alla solitudine, a ogni tipo di lutto.
Allora nel silenzio, in una posizione comoda per te, siano questi piccoli passi un’occasione per chiarificare e vivificare.

“Stando molto fermi si crea una fessura perché qualcosa entri e faccia movimento in noi, e ci lavori piano, come capolavoro da ultimare..
E stando fermi la luce entra
anche nella più tetra delle notti
e l’occhio chiuso può contemplare
il buio immenso del corpo
dove il respiro entra e si espande”

“Stando molto fermi
il pensiero si spande
con le sue spire incantate
sorge si gonfia
in rivoli e pianure allagate, in rovi
in labirinti spaccati…
Ecco il pensiero, il divoratore.
Stando fermi lo si può lisciare
e pettinare e farlo stare giù
steso e sospeso e riposto e composto
e un po’ arretrato in sottofondo – depotenziato ”

“Tutto il presente esplode, stando fermi. Il nome si deposita sul fondo.
Il cognome è un aggeggio antiquato.
Nessuno spinge o preme,
niente s’affretta niente è lontano.
E’ finito. Ciò che è lontano è finito stando fermi.”