“Questo mi piace degli alberi.
Questo saper mostrarsi nudi agli occhi del mondo
e non averne timore.
Questo saper alleggerirsi per inalzarsi.
Questo saper vivere quel tempo d’attesa
come la più delicata delle offerte,
la più alta delle missioni.”
Innumerevoli volte lo yoga ci invita a chiudere le porte dei sensi e ad avvicinarci al nostro mondo interiore. Lo fa nei modi più diversi, utilizzando specifiche pratiche di respiro, mudra o posture del corpo tenute a lungo.
Questo lavoro di temporaneo distacco non serve a isolarci dal mondo. Non è un modo per creare una barriera tra noi e il resto, né una via di fuga dal vivere quotidiano.
Lo yoga ci chiede di invertire la direzione di quei verbi forti – ascoltare e osservare- che sempre ci muovono verso l’estero, che sempre ci portano a distrarci fino a perderci, per occuparci davvero di noi.
Ci chiede di renderli strumenti preziosi per accorgerci di come stiamo, per mettere ordine tra i pensieri, per iniziare a fidarci delle nostre intuizioni.
E’ in questo invertire che spesso troviamo il coraggio di fare proprio come gli alberi.
Spogliarci di ciò che non ci definisce più senza preoccuparsi dei giudizi del mondo, restare in quel vuoto fertile con tutta la solidità della nostra presenza, fedeli alla nostra natura e alla nostra chiamata.
E senza punti di riferimento esterni, lasciarsi portare da quell’unica forza che fa battere il cuore dietro ogni fallimento e delusione, dietro ogni lutto e ogni separazione.
In queste settimane stiamo facendo questo: pratichiamo l’inverno.