Se tirate una pietra in un fiume, affonderà. Nessuna pietra può galleggiare sulle superficie dell’acqua come se fosse un fiore, ma se avete una barca potete metterci sopra chili e chili di pietre e continuerà a galleggiare. La stessa cosa succede con la quantità di sofferenza che è in voi, se fate in modo di avere una barca potrete ancora galleggiare, potete godere il vostro remare avanti e indietro per tutto il lago o il fiume. Imparate l’arte del generare l’energia della presenza mentale. La presenza mentale è la barca che può abbracciare e trasformare le sofferenze in voi. “

Qualche riga dalla lettura di questa settimana che ha ispirato le nostre lezioni. Ci siamo dedicate tante volte a fare scendere la testa a terra, a indicarle che la strada più giusta è sempre quella di accogliere e trasformare, di radicarsi e di accordarsi al ritmo stesso dell’esistenza.

Così come per il corpo è importante prendersi cura anche del nostro pensare. Fin dagli albori la pratica dello yoga si sviluppa e si struttura come una pratica meditativa e non solo fisica.

L’attenzione, la tranquillità, la stabilità, l’empatia, l’atteggiamento con cui accogliamo le nostre esperienze o più in generale la fiducia nei confronti della vita, sono tutte qualità già presenti in noi ma che occorre allenare per non disperdere.

Per questo ancora più importante del movimento esteriore è tutto quel movimento interno fatto di sensazioni, di pensieri o di emozioni e che nel quotidiano continuamente ci sfugge, che invece abbiamo la necessità di imparare ad osservare.

Lo yoga ci invita a rendere la mente un terreno fertile affinché il nostro pensiero acquisisca piano piano una logica differente.
Che sia libero dal giudizio, che sia vivo e vitale. Che sia capace di salvarci e sorreggerci.  Che sia la nostra barca.