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È il respiro che ce lo insegna: portiamo in noi sin dall’inizio l’esperienza di un dono.
Lo riceviamo affinché ci animi, ci abiti, alimenti la nostra personale bellezza.
Siamo l’espressione di una volontà originaria che ci ha voluti qui ma non ce ne ricordiamo.
Mi ha sempre colpito questo del lavoro che siamo invitati a fare con le tante pratiche dello yoga: ritrovare ciò che abbiamo dimenticato.
È questo smascheraci continuamente davanti alle nostre abitudini, ai nostri attaccamenti, a queste strutture fisse che mi incoraggia nel cammino. È questo lavoro di sottrazione per arrivare a ciò che di più semplice e immediato siamo che mi affascina sempre tanto.

“Chi mi ama non si perde”, svela il divino Krishna al nobile guerriero Arjuna, tanto indeciso sui passi da compiere.
Questo breve e incisivo insegnamento
dovrebbe scuotere tutti noi.
Non ci perdiamo quando siamo connessi alla sorgente.
Non ci perdiamo quando amiamo davvero tutto: la fonte, il mondo, gli altri, noi stessi.
Oggi, in occasione della giornata mondiale dello yoga, sono tornata a queste parole che segnavano l’inizio alla mia tesina tanti anni fa.
Questo è ciò che è lo yoga per me.
Questa è la mia pratica.