“Quello è pieno, questo è pieno,
dal pieno procede il pieno
se al pieno togli il pieno
il pieno rimane.”
Bhradaranyaka Upanisad

Sono stati giorni un po’ così così, emotivamente fragili.
A volte il cuore deve farsi vaso di tristezza e verità, compassione e perdita.
Avevo bisogno di questo luogo silenzioso e selvaggio stamattina.
Avevo bisogno di questo cielo di nuvole per ricordarmi di non nascondermi mai: di abbracciare la vita anche così.
Avevo bisogno di osservare il vento piegare l’erba e l’avena, di vedere la natura non stancarsi nemmeno per un istante di offrire la sua continuità.

A cosa serve lo yoga se non a sostenerci anche in momenti instabili come questi? Se non a risvegliarci di fronte al fatto che possiamo scegliere di nutrire costantemente una ragione materna, capace di aprire orizzonti e sentieri; se non a sintonizzarci con quel qualcosa di incredibilmente grande e pieno, paradossalmente intrecciato e libero?

La nostra pratica ci insegna a non separarci mai dalle viscere umane e a sollevare instancabilmente lo sguardo verso le grandi altezze.
È stato un dono essere qui oggi.
Ho respirato a lungo:
“Il pieno rimane, il pieno rimane”.