Mi sono accorta più volte in questi giorni di quanto sia difficile per la mente accettare un corpo lento e sofferente.
Quanta fatica a rimanere semplicemente con quel che c’era: sentire il corpo pesante, completamente scarico; sentire i pensieri inventarsi nuove barriere e il cuore cedere davanti alla debolezza del desiderio.
È in quell’essere portata via varie volte che ho colto l’inganno.
Accettare la fragilità fisica e psicologica è un grande compito e insieme un grande insegnamento.
Siamo spesso concentrati solo sull’incompletezza del momento che stiamo vivendo tanto da spezzare sempre la vita a metà; tanto da considerare i passaggi come delle interruzioni, delle mancanze invece che delle possibilità di incontro con sé.
Amarsi è imparare a dare proprio a quel tempo in cui vacilliamo, a quello in cui non possiamo più gestire le cose come desideriamo, a quello in cui siamo in balia di ciò che cambia, la giusta regalità.
Ho respirato a lungo e invece di sfuggire ho provato piano piano a restare, a sostare. Con più attenzione, con più accoglienza, con più rispetto.
Cercando di guardare l’istante con l’infinita tenerezza di chi ti sostiene perché stai crescendo.
Allora è stata vera cura.