La cura di sé risponde ad un’esigenza molto profonda in noi. E’ cura dell’anima, è un prendere a cuore la nostra esistenza, è un comprendere sé stessi per avere un giusto orientamento del nostro essere qui, in questo mondo, in questa vita.

Per questo abbiamo bisogno di coltivare il nostro centro interiore, seminando le giuste posture della mente, oltre che del corpo, imparando a capire la regia delle nostre azioni, da cui dipende molta della nostra libertà.

Accanto ad una vita che procede in modo irriflessivo, esiste infatti anche una vita che appartiene alla coscienza, una vita che riduce al minimo l’essere mossa dall’esterno, lasciandosi guidare piuttosto da un desiderio intimo, interno, che ha a che fare con la trascendenza, che è capace di generare tempi e spazi in sintonia con la nostra chiamata.

Una vita fatta unicamente di atti impersonali, di atti cioè che non sono decisi veramente da noi, ma dagli altri o dai nostri stessi schemi, è una vita inautentica.
Guardando il fuoco nella mia cucina mi sono chiesta quanto la mia vita è stata autentica. Quanto lo è oggi rispetto al passato?

Forse la stragrande maggioranza delle volte non è stata davvero mia. C’è sempre stato qualcuno o qualcosa che ha deciso per me. A volte sono state persone, a volte era il mio stesso senso del dovere o i miei condizionamenti a farmi muovere nelle scelte.

Allora che il mio prendermi cura sia come l’accendere una luce capace di illuminare il flusso del mio vivere, destandomi alle scelte più vere e più giuste, gemmando direzioni di senso, invitandomi ad essere calore per chi incontrerò.