Ho assaporato spazi aperti e silenzio come per farli entrare in me, come per farli restare il più a lungo possibile. Quante poche volte viviamo le nostre esperienze come esseri incompleti? Le viviamo solo con una parte di noi come se il corpo, il cuore, la mente fossero impegnati contemporaneamente in luoghi diversi.
Mi sono guardata intorno a lungo, attenta ogni volta a non smembrarmi.
Tutto mi è apparso all’improvviso così semplice e diretto. Di che cosa voglio nutrirmi per rafforzare questa connessione interna, essa stessa base dello yoga perché essa stessa yoga? Voglio nutrirmi di dubbi, paura, insicurezza o voglio nutrirmi di fiducia, di libertà, di unione?
Aver cura della nostra pratica dentro e fuori dal tappetino significa aver cura anche di cosa “mangiamo” a tutti i livelli. Di cosa guardiamo con gli occhi, di cosa ascoltiamo con le orecchie, di cosa pensiamo, delle parole che usiamo, delle esperienze che decidiamo di fare, delle persone con cui passiamo il tempo.
Tenere a noi e tenerci insieme è rispettare quel dono che ci è stato fatto venendo al mondo. È essere quel dono. È incarnarlo.