L’india la chiama cecità.
È la nostra incapacita’ di vedere il divino come fondamento della realtà.
È la nostra maestria nel creare lunghe e continue distanze tra noi e ciò che ci fonda, tra noi e il suo quotidiano esserci nelle cose più umili e semplici. Proprio come ciechi imbocchiamo mille sentieri diversi, innamorandoci di vie sempre nuove, perdendoci, inseguendo il divino nelle nostre idee, cercandolo nella perfezione di cose grandi, belle, speciali.
Oggi, in questa festa dell’Assunzione, che che tanto ci invita a stravolgere le leggi di gravità, voglio potermi ricordare che posso essere mediatore anch’io tra l’alto e il basso; che posso essere al servizio di quell’ordine cosmico dove ogni cosa, ogni cosa, fa dono di sé per il mondo; che posso essere servitrice di quell’impossibile che -oggi e sempre- diventa possibile.
Buon Ferragosto