Quando posso vengo qui. Mi piace sentire il freddo di questi giorni sul viso, vedere la brina che copre la terra nuda come per farla aspettare. Mi piace immergermi nei suoni e nel silenzio, raccogliere sensazioni per il giorno che verrà, pronunciare un grazie per ciò che mi circonda.

Secondo la prospettiva indiana la radice di ogni conoscenza e di ogni possibilità d’amore è racchiusa nell’ascolto. Ci si nutre di un insegnamento ascoltando i testi sacri, ci si rapporta al maestro ascoltandone le parole e i silenzi, si ascolta la sonorità di un mantra, si resta fedeli a quel sentiero che va da bocca a orecchio perché lì si impara ad accogliere. Ci si rapporta col divino prima di tutto coltivando questa attenzione piena e consapevole, questa capacità di lasciare da parte ogni cosa, ogni pensiero, ogni aspettativa, per nutrire questo legame d’amore.

Così, saper fare spazio con umiltà, disponibilità e non giudizio, diventa in realtà la premessa per ogni rapporto, con noi e con gli altri.

Quante volte ho saputo veramente ascoltate? Quante volte ho posto prima l’attenzione a ciò che credevo invece di cogliere il sentire di chi mi parlava? Quante volte ho dato valore a quella voce flebile e profonda che mi suggeriva di fare tutt’altro?

Un passo dopo l’altro ho lasciato che il mio corpo e la mia mente diventassero un grande orecchio. Un passo dopo l’altro ho lasciato che il mio camminare diventasse la mia pratica, il mio yoga, la mia comunione.