“Gli esseri umani sono creature delicate. Quando nasciamo il nostro cuore è aperto. A volte incontriamo esperienze che ci “chiudono”. A volte incontriamo esperienze che violano il nostro senso di sicurezza, di ordine, di predittività, di diritto, così tanto che ci sentiamo completamente sopraffatti. Incapaci di integrare l’esperienza o semplicemente incapaci di continuare come prima. Incapaci di reggere la realtà. Siamo arrivati a chiamare queste esperienze che chiudono il nostro cuore, traumi. Nessuno di noi è immune a queste esperienze.”
(S. Cope)

Quanta delicatezza occorre per avvicinarsi alle nostre ferite?
Lo yoga non cura la nostra storia, non si occupa del nostro passato, non cerca cause. Lo yoga si occupa del corpo, perché lì vive memoria di sofferenza. E con un lavoro paziente e rispettoso attende che in questa terra minata si crei un ritmo sicuro, ordinato, che infonda coraggio, che faccia fiorire risorse. Un lavoro capace di creare libertà a partire da quel sentire più palpabile, lì dove non c’è stata scelta. E a partire da muscoli e respiro allena quel pensiero stretto a prendere il volo.