Mi sono fermata per qualche minuto ad osservare quest’uomo e il suo fare, solitario e paziente.
Mi incanta sempre chi riesce a destreggiare le dita per creare, rinsaldare o aggiustare, muovendole rapide come se fossero altra cosa rispetto a sé. Mi incanta il ricamo stesso delle dita, quella danza nell’aria che genera gesti raffinati e precisi, gesti liberi da pensieri, intelligenti e silenziosi. Sono sempre stata negata per queste cose fini. Il lavoro a ferri, così come il cucito o il ricamo, non hanno mai fatto parte di me, nemmeno da bambina. Ho sempre preferito muovermi all’aperto, inventare storie in bicicletta e acrobazie sui pattini.
Eppure, in qualche modo, il mio lavoro di oggi ha a che fare con il lavoro di quest’uomo. Riannodare i fili nascosti che legano insieme parti di noi, rinsaldando connessioni profonde che ci consentono di ritrovare la via di “casa” è l’obiettivo sia dello yoga che del counseling.
È stata una grande sorpresa per me trovare un moto comune tra queste due strade. Entrambe dirette al presente, entrambe ispiratrici di nuovi orizzonti. Entrambe mirano all’incontro più vero e potente per farci stare meglio. Entrambe ci aiutano ad unirci per sentirci uniti.