Devo ammettere che ho sempre avuto un certo timore per gli inizi perché non mi sentivo mai abbastanza pronta.
Per cominciare qualcosa c’è bisogno di accettare l’insicurezza dello sconosciuto, devi accogliere la possibilità che forse potrà anche non essere la tua strada, che potrai sbagliare, che probabilmente non hai un coraggio da leone e che con i propri limiti bisogna aver pazienza. Insomma, per iniziare bisogna amarsi e per molti anni non è stato proprio così.

Il mio incontro con lo yoga è nato per caso. Non ho avuto necessità sostanziali per cercarlo ma quel qualcosa di affascinante e lontano che lo caratterizza, mi ha rapita e spinta a cominciare.
A quel tempo ero una giovane mamma che girava sempre in bicicletta, nel bel mezzo di una tesi in filosofia e con due cuccioli che avevano iniziato l’asilo da un anno.
Quando presi contattato con quella che sarebbe diventata la mia maestra (che allora aveva già più di 70 anni), la prima domanda che mi fece fu: “Quanti alberi ci sono nella tua via?”. Un po’ perplessa risposi che non li avevo mai contati.

Eppure con il tempo da questa bizzarra domanda ho compreso due cose importanti.
La prima è che lo yoga ti fa uscire dal tappetino per farti apprezzare la vita, esortandoti ad assumere nuove forme, ad accettare ogni inizio, anche se difficile, perché portatore di cambiamento e di evoluzione.
La seconda è che un vero maestro è chi riesce a farti intravedere il percorso, chi ti fa sbirciare da una nuova finestra, senza far nulla al posto tuo.

Ho un profondo senso di gratitudine per quella donna un po’ burbera che mi ha iniziato allo yoga domandandomi se mi accorgevo della vita che accade.
Col tempo non ho imparato a contare gli alberi, ma certamente ho capito che piantare piccoli semi nei cuori delle persone è davvero una cosa meravigliosa.
Grazie maestra Carla.