Entrare nel corpo è sempre una meravigliosa scoperta. Più vado avanti e più mi accorgo di quanto nella pratica sia necessario togliere, invece che aggiungere, sia necessario ripulire, rinfrescare, semplificare.
La sequenza, l’asana, il gesto hanno bisogno di tornare all’essenziale, hanno bisogno di tornare all’origine senza troppi fronzoli e ricami. Solo così si arriva a “sthira-sukham”, a quella stabilità e confortevolezza che rende la nostra forma una regina.
Nessuno può fare al posto tuo quando si tratta di sentire. È un incontro che va fatto in solitaria. Il bagaglio è davvero minimo in realtà. Ti viene chiesto di mettere da parte ciò che già sai, di lasciar stare pensieri, schemi, paure, attaccamenti e semplicemente di affidati a una saggezza che ne sa più di te. E proprio allora, mentre agli occhi di chi sta fuori ti stai solo toccando i piedi, starai invece abitando con grazia ogni piccola parte di te che parla di infinito.
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