“Tornare antichi vuol dire avere cura di tre storie
La prima è la storia che viene dall’avere un corpo nel corpo dell’universo.
La seconda è la storia che gli Dei hanno con noi.
La terza è la storia del nostro corpo in mezzo ad altri corpi umani
Tornare antichi vuol dire essere nello stesso tempo semplici presenze dell’universo,
frammenti di una creatura più grande,
fratelli nella piccola avventura dei viventi.” (F.Arminio)
Questa poesia mi ha fatto immediatamente tornare alla mente uno splendido inno del Rg-Veda (X,90) nel quale si racconta che il divino assunse la forma di un’enorme persona (Purusa) dal cui corpo smembrato nacquero il mondo, gli esseri e tutte le cose.
Inni come questo ci aiutano a ricordarci che esiste un’intima connessione tra noi, Dio, e l’universo: nessuno dei tre senza gli altri due avrebbe senso.
Inni come questo ci insegnano che essere persona (puruṣa) non equivale ad essere individuo.
Essere persona è sentirci addosso questa interdipendenza originaria, sentirla nella carne, avere nel cuore la certezza che siamo sempre accompagnati.
Inni come questo ci aiutano semplicemente a destarci: veniamo da così lontano che è davvero un peccato perderci dentro alle piccolezze.
Tornare antichi, curare tre storie.
Curare la storia delle storie.
Non quella che parla di noi, ma quella che parla del noi.
Tornare antichi, tornare ad essere persone.