Mi sono fermata a guardare il cielo oggi con lo stesso atteggiamento di quando, a fine lezione, rimaniamo ad osservare i contenuti della mente: occupandoci solo di vedere lo spazio più che ciò che passa.

Vedere la mente e imparare a non identificarsi con i suoi contenuti è un passo necessario per diminuire la nostra sofferenza . Patañjali ce lo dice molto chiaramente “La causa di ciò che va ridotto è l’unione tra colui che vede e ciò che è visto” (Yoga-sūtra II, 17)

Le nostre nuvole, che di volta in volta possiamo chiamare “i nostri problemi, la nostre emozioni, le cose che ci succedono”, non siamo noi. È da questa confusione e fusione che nasce il nostro soffrire.

Così fare spazio, creare quella giusta distanza dalla quale poter scegliere e agire, ricordarci che possiamo essere sempre terra stabile e libera, è un dono importantissimo che dobbiamo imparare a farci.

Oggi,

sotto un cielo in trasformazione,

alzo lo sguardo e fisso il cuore

su ciò che non cambia mai.