“Gli animali e gli alberi insegnano a non sapere, a tollerare di stare al mondo senza l’ossessione di capire. La loro assenza di controllo mi pare renda il mondo non più minuscolo, ma anzi vastissimo, misterioso. Sanno abbandonarsi, conoscono e insegnano una fiducia primaria e radicale”
Ho scelto queste parole per la lezione all’aperto di questa settimana. Non c’era modo migliore per esprimere l’intento della pratica yogica.
Non c’è meditazione che possa prescindere da un lavoro che si poga anche su un piano più prettamente fisico ed energetico.
Sperimentare quelle forme simboliche che sono le posture –gli āsana- è entrare in un rito di comunione che va oltre se stessi, che arriva alla natura, agli esseri viventi, al divino, che riporta e risveglia in noi le stesse qualità.
Affondare i piedi nella terra, sentire il suo calore entrarci nelle ossa e ricordarci che siamo sempre sostenuti, rinnova la nostra fiducia.
Farci attraversare dal canto degli uccelli, dai suoni, dall’aria è rivivere quella permeabilità necessaria per essere felici: possiamo rimanere leggeri sempre, nonostante gli eventi e le situazioni.
E infine osservare il cielo e le rondini danzare un attimo prima di abbandonarci, ritrovando la stessa spazialità anche ad occhi chiusi, la stessa opportunità di esseri liberi interiormente .
Noi, come la terra, come gli animali, gli alberi e il cielo.
Possiamo rimanere con tutta questa bellezza di infinito dentro senza il desiderio costante di voler comprendere ogni cosa? Senza la domanda ” Perché proprio io”? “Perché solo a me? ”
La forma è l’occasione per ricondurci ai legami più vitali, per non perderci più.
Noi, come la terra, come gli animali, gli alberi e il cielo.