“L’aria, un piccolo uccello
che si posa sul balcone, i rami
che si fanno scuotere dal vento.”
Inizia così una poesia che abbiamo letto a fine lezione due settimane fa.
Far entrare in noi parole sapienti quando il corpo ha rilasciato le tensioni e la mente è più presente a ciò che succede invece che correre dietro ai pensieri, lo trovo un modo bellissimo per fare pace con l’esistenza.
“E poi il successo di avere
le tue premure, le tue carezze.
Non serve altro alla vita
e invece molto tempo lo passiamo
sotto il muro del pianto”
Saṃtoṣa l’appagamento, è uno degli strumenti importanti nel sentiero dello Yoga.
Ben lontano dall’indossare la maschera della felicità è il saper cogliere gli immensi, quotidiani doni, di cui siamo sempre circondati.
Quanto spesso siamo fermi sotto il muro dei ricordi, della sofferenza, dei sensi di colpa. Quanto tempo sprechiamo a lamentarci piuttosto che a ringraziare.
“seguiamo le richieste che ci fa la morte
invece di vedere gli angeli
che si spogliano, rinunciano
alle ali e camminano sulla terra
assieme a noi.”
Che io sappia accorgermi del Bene -visibile e invisibile- che mi scorre intorno e mi sostiene;
che io sappia sentire l’aria, il cinguettio degli uccelli, il cuore che batte appassionato.
Non serve altro.