Con quanta facilità ricadiamo nei soliti pensieri dando loro il permesso di paralizzarci, consumarci energie, allontanarci da quella leggerezza che è la vita.

Per questo i maestri ci raccomandano di trovare un contatto con noi, di meditare: per ricordarci che la prima libertà è sempre quella nella testa.
E’ un esercizio continuo quello del trasformare un atto mentale in un modo di essere. Non avviene da un momento all’altro.
Ha bisogno della nostra volontà.

Edith Stein lo indica con parole molto incisive: la pratica deve diventare “carne e sangue”, deve cioè far parte di noi, del nostro modo di essere nella quotidianità.

Molto sottilmente i testi ci ricordano che esiste una legge precisa per la quale questo lavoro, all’apparenza solo nostro, sia in realtà per il mondo. Ogni pensiero che facciamo è sempre contemporaneamente una vibrazione verso di noi e verso gli altri. Come in un cerchio continuo nel continuare a ferire ferisco anche me e nel continuare a ferirmi ferisco a mia volta.

Ripensavo a questo mentre osservavo la primavera farsi spazio in alberi e cespugli. Mi innamoro ogni volta di questo suo primo slancio coraggioso.
Nonostante il freddo mattutino, sembra che l’interno di ogni pianta le dica “È ora”.
E davanti a quell’ordine segreto e gigantesco non c’è che da obbedire perché fiorire è far fiorire.

Credo sia così anche per noi.
Convogliare con pazienza le nostre energie mentali nella giusta direzione- nel bene, nella pace, nell’equilibrio, nella fiducia- significa occuparci di far fiorire il mondo.

Significa essere primavera.

Che dolce meravigliosa chiamata!.