Vedere e accogliere sono due verbi che dovrebbero farci sempre compagnia.
Li si impara un po’ alla volta.
Non è facile, né scontato stare in questo movimento che ci richiede tanta verità e cuore.
E’ per questo che è importante restare nei binari di una pratica, seguire un maestro o studiare i testi della tradizione.
Occorre all’inizio qualcosa capace di orientare il nostro sguardo.
A volte può essere una parola, una riflessione, un suggerimento a destarci; altre volte passa per un sentire fisico, per una postura, per un modo diverso di respirare, o in seguito a una meditazione.
Un po’ alla volta cominciamo ad osservarci, a notare qualcosa di noi che non avevamo mai visto prima: un modo di pensare, una reazione, un comportamento, un’abitudine malsana. E cominciamo soprattutto a vedere come quel qualcosa si sia radicato così profondamente da creare in noi una strada, un solco, una traccia mentale- saṃskāra-come ci dice lo yoga,
Ma è da lì che possiamo ricominciare a donarci amore. E’ alla struttura che dobbiamo portare la morbidezza del cuore. E’ alla meccanicità che dobbiamo dare umanità.
La nostra capacità di osservarci, di rientrare in noi e di volerci bene, cambia il modo in cui viviamo le cose, abitiamo la vita, incontriamo gli altri.
Yoga Sūtra ce lo dice in maniera precisissima; diventiamo liberi quando non siamo più automatici.