L’inizio, nelle varie tradizioni, è sempre qualcosa di immenso, solenne e meraviglioso ma sono stati i veggenti vedici, tra i pochi, a parlarci del preludio assoluto di ogni cosa, di quel “prima del prima” che sfugge a qualsiasi ragionamento umano.

I giorni che chiudono un anno e ne aprono un altro mi appaiono un po’ così: una finestra di tempo in cui la mente rimane sospesa tra la memoria e il desiderio, tra il ciò che è stato e il ciò che sarà.

Sono sempre potenti inviti per me ad osservarmi davvero dentro, a lasciar andare con gratitudine le esperienze difficili che mi hanno segnata; a guardare dove sto andando e con quali consapevolezze nuove decido di attraversare la mia quotidianità.

Oggi, in questa epifania che segna la fine delle festività, ho voluto rileggermi questa poesia come la più bella chiamata a una responsabilità piena, matura, dell’anima.

Se arriva un lutto, una grande delusione,
se il mondo si fa brutale
è il tempo della grande alleanza con te stesso,
fuggi con i tuoi piedi, con le tue ciglia,
porta via il tuo sguardo,
portalo in salvo,
attraversa il muro dei passanti,
il silenzio, il gelo, il vento
che si getta in faccia come una cassa di coltelli.
Questa paura sia l’ultima che ti sta cercando.”

Al di là di ciò che accadrà quest’anno
desidero spostare lo sguardo fuori dal mio dolore.
Non avere più scusanti.
Non rimandare più.
È tempo della Sacra Alleanza.
È tempo di recuperare il Principio.