Non so dire quale sia la mia stagione preferita. Queste mattine, così gelide e nitide, le amo particolarmente.
Tutto assume un aspetto alquanto coraggioso in questo periodo, così fiducioso e fiero, da ricordarmi sempre la giusta attitudine.
È un’intensità interiore, quella dell’inverno, che sfida qualunque dubbio, qualsiasi perplessità.
Forse è per questo che mi piace così tanto: parla direttamente alla mia debolezza incitandomi ad osservarmi con più attenzione, con più amorevolezza.
È guardandomi intorno nella semplicità della terra coperta di brina, che mi accorgo di cosa intendono i testi quando ci invitano a praticare le virtu’.
Io la chiamo “l’impazienza della crescita” quella che a volte sento circolarmi dentro. È quando vorrei che gli eventi, i figli, le altre persone o la mia stessa interiorità accelerassero i tempi di maturazione.
È quando vorrei che le cose cambiassero il più rapidamente possibile, senza farmi scomodare troppo, senza farmi restare in quel passaggio obbligato ed intermedio fatto di insicurezza, di lasciar andare, di metamorfosi.
E invece l’inverno mi ricorda il giusto tempo per ogni cosa.
Mi ricorda che quanto si è pronti è come se tutto il resto fosse pronto anch’esso con te: hai solo da iniziare.
Kṣamā una parola che in sanscrito traduce pazienza ma anche perdono.
Com’è bello questo doppio movimento di attesa e libertà; com’è bello sapere che dentro la nostra pazienza c’è anche un perdonarsi per avere paura di attraversare la nostra fragilità.
Bellissimo inverno, dentro al tuo cuore una calda pazienza e un umile perdono.