“C’è una Luce che risplende sopra questo cielo, sopra tutti i mondi, sopra tutto ciò che esiste nei mondi più alti, oltre ai quali non ce ne sono di più alti- è la Luce che risplende dentro l’uomo”. (Chāndogya Upaniṣad III, 13, 7)
Spesso ce ne dimentichiamo: per quello occorrono i maestri, gli insegnamenti, i testi delle antiche tradizioni. Per quello occorre trovare una pratica che ci sostenga, che sentiamo in accordo con noi: per farci ricordare che è dalla luce che veniamo e che quella stessa luce dimora anche in noi.
La ritroviamo ogni volta che impariamo a donarci uno spazio in mezzo alle mille cose da fare. Tra un pensiero e l’altro. Tra i respiri.
La ritroviamo quando quello stesso spazio interno lo espandiamo anche al di fuori di noi, agli altri: quando non reagiamo istintivamente, quando alimentiamo una mente libera da ferite e una parola comprensiva.
Adoro questi versi della tradizione indiana. Insieme a tanti altri ci svelano un segreto preziosissimo: la realtà è luminosa, cioè è’ buona, è bella, è grazia. La luce all’interno riconosce la luce all’esterno e viceversa.
Mi rincuora sapere che posso ravvivare questo intimo dialogo. Mi responsabilizza comprendere che sono io stessa a creare le mie ombre.
Così, in questo week end di inizio inverno, in questa ultima domenica prima di Natale, in questa piccola finestra perfetta che mi sono trovata per caso tra le mani, rinnovo questa ricerca, questa direzione, questo sentire.
Ātmajyotis: la luce interiore.
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