Amo tantissimo le foglie d’autunno.
Quell’accendersi prima del viaggio, quel fuoco unico e personale che si mostra e si abbandona, mi fa molto pensare.
Gli yogi affermano che l’unione con la parte più profonda di noi, e di conseguenza con il Tutto, può avvenire solo in uno spazio di non-mente, uno spazio di sospensione.
A creare questo varco che è insieme azione e fine, calma e libertà, una parola: nirodah.
E’ in quello spazio di acquietamento dei nostri pensieri, che sempre vagano facendoci disperdere, che sperimentiamo chi siamo per davvero.
Lì è la nostra natura.
Lì il nostro fuoco.
Lì i nostri colori.
Guardando la mia vita mi rendo conto che sono state davvero pochissime le volte in cui mi sono sentita così: totalmente me, totalmente una con l’Uno. Ma credo di sapere cos’ha reso quei momenti una benedizione,
E’ stata una resa.
Il mio sì alla presenza. Un donarmi a quell’istante così com’ero, senza fronzoli interiori, senza desiderio di qualcosa d’altro, di qualcosa di meglio o di qualcosa di più.
Un sapermi semplicemente accorgere che in quel momento quella era la chiamata.
Nirodah: come le foglie in autunno.